domenica 29 giugno 2008

29 giugno 2008 - Solennità dei SS. Pietro e Paolo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, do­mandò ai suoi discepo­li: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uo­mo?» . Risposero: «Alcu­ni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né san­gue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze de­gli in­feri non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? La risposta è bella e insieme sbagliata: Dicono che sei un profeta, una creatura di fuoco e di luce, come Elia; una creatura di forza e di vento, come il Battista; profeta, voce di Dio e suo respiro. Ma voi, chi dite che io sia? Gesù è la domanda dentro le nostre risposte facili, è domanda che risveglia, che fa vivere. Dio crea la fede attraverso domande. Ma voi… La domanda è preceduta da una contrapposizione: Ma voi, voi invece, che cosa dite? Voi che mi seguite da anni, voi che mi avete visto sorridere, piangere, respirare, moltiplicare il pane... Come se i Dodici fossero di un altro mondo; come se non dovessero mai omologarsi al sistema. A nome di ogni credente, Cristina Campo testimonia: Ci sono due mondi: io sono dell’altro. Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E Gesù: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Pietro è roccia per la Chiesa, e per l’uomo, nella misura in cui ripete che Dio si è donato in Cristo, che Cristo, crocifisso, è vivente, che tutti siamo figli nel Figlio. Questa è la fede- roccia, il primato di Pietro che costruisce la Chiesa. Come Pietro, modello del credente, anch’io sono chiamato a diventare roccia e chiave: roccia che dà appoggio, sicurezza, stabilità al fratello che mi è affidato; chiave che apre le porte belle di Dio, di un Regno dove la vita fiorisca. Come Pietro anch’io chiamato a legare e a sciogliere, a creare cioè nella mia storia strutture di riconciliazione, di prossimità. Ma tu, chi dici che io sia? Io capisco di Cristo solo ciò che vivo di Cristo. La vita non sta in ciò che dico della vita, ma in ciò che vivo della vita. Cristo non è uno che devo capire, ma uno che mi attrae; non uno che interpreto, ma uno che mi afferra. La croce non ci fu data per capirla, ma per aggrapparci ad essa. « Capire » Gesù, definirlo, può essere anche facile, ma « com­prenderlo » nel senso originario di prendere per me, afferrare, stringere, possedere il suo segreto, è possibile solo se la sua vita mi ha « afferrato » . Corro perché conquistato, dice Paolo. Corro perché preso, vinto, prigioniero, sedotto da Cristo. La nostra vita non avanza per decreti, ma per una passione. Non per colpi di volontà, ma per attrazione. Io sono cristiano per divina seduzione: io, prigioniero di Cristo ( Ef 4,1), afferrato da Lui, corro per afferrarlo. ( Letture: Atti degli Apo­stoli 12,1- 11; Salmo 33; 2 Timoteo 4,6- 8.17- 18; Matteo 16,13- 19). (Ermes Ronchi, Avvenire, 26 giugno 2008)

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