giovedì 6 maggio 2010

9 Maggio 2010 - VI Domenica di Pasqua

Gesù pronunzia queste parole nell'ultima cena, l'ultimo momento di intimità coi discepoli prima di patire e tornare al Padre.
Possiamo dividere la lettura in tre parti: nella prima Gesù risponde ad una domanda di Giuda; nella seconda parla della missione dello Spirito; nella terza del dono della pace. Ci soffermiamo sulla prima parte.
L'apostolo Giuda ha appena rivolto una domanda al Signore: "perché stai per manifestarti a noi e non al mondo?". Egli chiede cioè perché Gesù non venga accolto su vasta scala, non riceva ampia accoglienza, ma rimanga spesso sconosciuto o addirittura rifiutato. Per questa sua domanda l'apostolo prende lo spunto dal discorso del maestro, che aveva appena detto che il mondo non può conoscere né Gesù stesso né il suo Spirito.
Gesù gli risponde con le parole che aveva appena pronunziate, quasi a dire: "Non hai capito, ripetiamo"...
E che cosa risponde? Che non si può manifestare a chi non custodisce la sua Parola perché non lo ama. Si manifesta invece, e con lui il Padre e lo Spirito, a chi lo ama e custodisce la sua Parola.
Con ciò è delineata la sostanza della vita cristiana. L'amore ti porta a uscire da te stesso per guardare verso Dio, ammirarlo, meditare la sua Parola, senza lasciarti assorbire totalmente dall'immediato.
Questo poi si traduce in vita: dall'amore nasce l'obbedienza. Amare Gesù significa desiderare insieme a lui quello che lui desidera. Il segno dell'amore è l'opera. Se l'amore di Dio non ti spinge a fare scelte concrete, significa che è difettoso.
Ma attenzione: il segno dell'amore non è l'amore. Non di rado si vogliono fare le opere dell'amore senza avere l'amore. Succede con Dio quello che succede con le persone: dedichiamo loro poco tempo e attenzione, magari dicendoci che siamo indaffarati per loro, è proprio l'amore per loro a portarci a trascurarli... Ma quando l'amore è dato per scontato e non è coltivato corre pericolo. Così accade anche con Dio.
Si possono osservare i comandamenti, nel senso di regole particolari, e non amare. È la situazione del fratello maggiore nella parabola del "figliol prodigo": "Non ho mai trasgredito un tuo comando", eppure non ama, non capisce il Padre.
Si possono anche fare tante cose per Gesù e la Chiesa, e non amare. Il rimprovero di Gesù: "Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore', entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre" (Mt 7,21-22) è rivolto proprio a persone che hanno "predicato", "fatto miracoli" e altre opere potenti nel suo nome. Eppure essi non hanno "fatto la volontà del Padre".
Si possono fare i gesti della carità senza averla. Ricordiamo le famose parole di S. Paolo: "Quando dessi tutte le mie sostanze per i poveri, se non ho carità, non mi serve a niente" (1Cor 13,3).
Dunque, qualsiasi cosa buona facciamo, possiamo farla senza amare, senza essere in sintonia con Dio. In altre parole, possiamo farla senza avere lo Spirito di Dio, lo Spirito dell'amore.
La vita cristiana invece è comunione con ognuna delle Persone divine, senza in alcun modo separarle: comunione col Padre, in rapporto con Cristo, animati dallo Spirito Santo. Questo è il dono scaturito per noi dalla Pasqua di Gesù.
Signore, donaci il tuo Spirito, lo Spirito dell'amore che ci faccia ascoltare e vivere la tua Parola.

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