giovedì 10 giugno 2010

13 Giugno 2010 - XI Domenica del Tempo Ordinario

Eppure per Gesù non deve essere stato per niente facile operare questo tipo di scelta, offrire il suo amore per gli ultimi: il suo è stato un gesto di rottura nei confronti dell'istituzione (civile e religiosa) che poneva la donna in una condizione di sconfortante, mortificante e degradante subalternità rispetto all'uomo. Ma oggi, a duemila anni di distanza, e nonostante le varie e benefiche rivoluzioni femministe, non è poi così diverso, se noi, come Davide (cfr. 2Sam 12), le donne preferiamo averle per noi, piuttosto che con noi; se ancora usiamo il termine "uomo" per indicare l'essere umano, uomo e donna…
E questo non accade solo nei rapporti interpersonali, in ufficio, nella scuola, nella politica, nella Chiesa, ma accade anche nella famiglia che dovrebbe essere invece il luogo della ricomposizione delle differenze.
Confessiamolo: siamo tutti un po' come il fariseo Simone. Conosciamo i doveri dell'ospitalità. E neppure a noi dispiacerebbe avere Gesù a tavola. Un uomo interessante, vale pena conoscerlo… Forse un po' fuori delle righe, però adesso esagera… Che ci fa quella donna ai suoi piedi? Come ha fatto ad entrare in casa mia? Una prostituta, poi. Ma siamo sicuri che lui, il "Maestro", davvero sia un "profeta"? Se lo fosse, non si lascerebbe profumare da quella donna lì… Proprio a me doveva capitare… Pensa che scandalo con la mia Chiesa… Accogliere in casa mia una "peccatrice" che fa mille moine a quello che si fa' chiamare il Maestro…
Simone, ho da dirti qualcosa… Devo dirti che io sono venuto a portare una bella notizia: il superamento di ogni divisione e di ogni discriminazione. Sono venuto a portare la salvezza che non deriva dall'adesione formale alla Legge, ma dal superamento della Legge fatta di tanti codici in un unico codice, quello dell'amore. Un amore gratuito verso tutti, quelli che sanno di essere peccatori (o peccatrici) e quelli che invece ritengono di essere senza peccato perché osservanti e devoti. Non ti dico, Simone, di non essere più osservante né devoto: ma ti dico di accogliere l'amore di Dio che si rivela negli esclusi, negli emarginati, nei portatori di un “marchio”, che voi - i devoti e gli osservanti, i "religiosi" - avete attribuito loro. E sai una cosa, Simone? Io questo amore non mi limito a predicarlo, io lo vivo. E lo vivo qui e ora, in questa circostanza concreta, non con la donna, ma con questa donna che ho avuto la ventura di incontrare. Tu in me hai accolto un simbolo, e venendo a casa tua mi rendo conto che ho attizzato l'ipertrofia del tuo "io". Lei, la donna, la "peccatrice" come tu la chiami, ha accolto me, come persona. C'è una bella differenza, non trovi? Oh, sì… càpitano gli imprevisti… eccome! È successo al sacerdote e al levita che si imbattono nell'uomo ferito sul ciglio della strada… Come poi diranno più avanti nel tempo i teologi, all'ortodossia io preferisco l'ortoprassi. Al giudizio previo, io preferisco il perdono. Preferisco la misericordia, quella che magari anche tu saresti disposto a predicare, salvo poi a trovarti scoperto di fronte alle prove traumatizzanti della realtà e della storia.
Questo discorso Paolo lo ha capito bene, e vigorosamente, com'è nel suo stile, lo annuncia: «Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno». (Gal 2,15-16).
Ma oggi, nella Chiesa, questo discorso continua sì a risuonare, ma è praticamente inascoltato.
Oggi siamo troppo occupati a parlare di identità. Di identità cristiana. E discriminiamo.
La ricerca dell'identità può solo dividere e discriminare.
Crea i confini. I buoni e i cattivi, i puri e i peccatori. I bianchi e i neri. I ricchi e i poveri. Gli uomini e le donne.
Più cresce la tensione verso l'identità, la purezza … più viene abbandonata l'esigenza della comunità.
Anche a noi Gesù chiede un moto di conversione.
Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».

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