giovedì 14 novembre 2013

17 Novembre 2013 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

Tre considerazioni mi son subito sorte alla lettura del vangelo di oggi: probabilmente non c’entrano nulla con il corretto messaggio del testo, ma voglio comunque condividerle, sperando che diventino motivo di meditazione anche per altri.
La prima: «alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi…» (Lc 21,5). Sono parole che non si adattano solo al Tempio; forse sono ancor più riferibili ai “frequentatori del Tempio”, a tutti noi cristiani; basta guardarci attorno! Quanti (forse io per primo) si atteggiano per quelli che non sono; quante volte amiamo esibire in pubblico le nostre “gemme” spirituali, le nostre pratiche religiose, le nostre “buone” opere: la nostra messa, i nostri rosari, le nostre “lodi”, le nostre elemosine, ostentando in esse una fede e una carità che in realtà non abbiamo; quante volte ci accontentiamo di una pietà ridotta a semplici orpelli esteriori, a corone, a immagini e medaglie sacre in bella mostra, a preziosi crocifissi e madonne d’oro al collo, piuttosto che consumare in umiltà e sincerità, nel segreto del nostro cuore, il nostro intimo rapporto con Dio! Per molti, l’essere cristiani “praticanti”, purtroppo, si esaurisce qui: ma, dice Gesù, tutto quello che vedete, tutto quello che è esteriore, tutto quello che è esibizione e amor proprio, tutto verrà distrutto; tutto si rivelerà un nulla, senza nessun valore.
La seconda: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno nel mio nome. Non andate dietro a loro!». Dobbiamo veramente stare molto attenti: oggi purtroppo siamo costretti a convivere con tantissimi pseudo profeti (conferenzieri, studiosi, preti, frati, teologi moderni, medium, guaritori, ciarlatani ecc.); con gente che pur di consolidare il proprio prestigio, pur di avere un “ritorno” mondano, applausi, gloria mediatica, è pronta, vendendosi l’anima, a promuovere la sapienza venefica di satana, piuttosto che il messaggio salvifico di Cristo. Gente dall’apparenza melliflua, affabile, disponibile, cordiale, che si presenta come testimone e dispensatrice dell’amore di Dio, ma che in realtà è diabolica, mirando esclusivamente all’auto affermazione.
Terza considerazione: «Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici…; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». Capiterà che saremo traditi e abbandonati da tutti, ma noi non saremo mai soli. Dio continuerà sempre a starci vicino, pronto a venire in nostro aiuto, anche se noi lo rinneghiamo, anche se non lo vogliamo. Può succedere qualunque terremoto, qualunque disgrazia: quello che ci deve tranquillizzare è la certezza di avere ogni momento Gesù al nostro fianco. Con Lui vicino non potrà mai succederci nulla di “male”.
Allora, perché preoccuparci tanto? Perché vivere continuamente nell’ansia, nell’angoscia?
L’angoscia, lo sappiamo, è un male mortale: è la sensazione di poter cadere ogni istante nel baratro del male, senza che nessuno possa aiutarci. È un terrore costante che ci priva di qualunque certezza; è quel sentimento che ci mette di fronte alla nostra impotenza, ai nostri limiti, che ci fa temere un crollo improvviso e totale di ciò che ci circonda.
È un sentimento oggi molto diffuso: noi tutti, in qualche modo, viviamo nell’angoscia: siamo angosciati per il nostro domani, per la possibilità di perdere il lavoro, per non riuscire ad arrivare a fine mese. Siamo tutti ossessionati dalle malattie, dalle disgrazie, dalla possibilità di nuove guerre mondiali, di esplosioni atomiche, dal mostro del terrorismo islamico, dalla possibilità di inondazioni o di calamità naturali. E come se non bastasse, in fondo in fondo, quello che più ci angoscia, più ci terrorizza è l’idea della morte: la drammatica e tragica fine della nostra vita, di quando cioè saremo costretti nostro malgrado ad abbandonare, a perdere, a separarci da tutto ciò che siamo, da tutto ciò che abbiamo.
Cosa dobbiamo fare, allora, per combattere questa sensazione velenosa? Quale via dobbiamo seguire per ridurre questa sensazione che ci paralizza, che ci rende invalidi?
Per prima cosa dobbiamo portare luce nel nostro buio, non dobbiamo aver paura di scoprirci, di mettere tutto il nostro intimo alla luce del Sole divino. Perché più abbiamo cose da nascondere, più le teniamo segrete, più ci sentiamo in colpa per quanto avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto, o abbiamo fatto e non avremmo dovuto fare.
Gesù nel vangelo dice: «Non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10,26ss).
Molte persone sono angosciate dal doversi guardare dentro, dalla paura di scoprire nel loro animo, emozioni di odio, di rabbia, di vergogna; temono di essere sopraffatti da sensi di colpa e di inferiorità, da umiliazioni, da ferite. Ma non è così.
Più abbiamo zone buie dentro di noi, più nascondiamo in noi ombre e mostri, più vivremo nell'angoscia; più faremo luce e verità dentro di noi, meno vivremo angosciati.
Una volta poi superato questo ostacolo, dobbiamo vivere nel presente, nella realtà. Se iniziamo a pensare a quello che potrebbe succedere, a come potrebbero andare le cose, al fatto che c'è sempre il peggio che incombe, al disastro che ci potrebbe succedere, allora è davvero la fine.
La maggior parte delle persone non sono angosciate da ciò che succede ma da ciò che potrebbe succedere. Ciò che potrebbe succedere però non è ancora successo, quindi non esiste. Dobbiamo pertanto vivere con i piedi per terra, stare a contatto della realtà, convinti che il più forte antidoto all'angoscia è la fiducia. Sì, perché la fiducia è il percepire, il sentire che Lui è con noi, che ci accompagna, che non ci abbandona mai. La fede vera, la fiducia in Dio, sono l’esatto opposto dell'angoscia: Lui c'è, Lui ci accompagna, Lui vuole il nostro bene, Lui ci sostiene, Lui ci dà e ci darà sempre forza e coraggio. E questo ci deve bastare.
Ma per giungere a ciò, dobbiamo soprattutto pregare. Pregare sul serio.
Del resto, cos'ha fatto Gesù nei suoi momenti di profonda angoscia? Era nel Getsemani e la prospettiva che aveva davanti era terribile: ebbene, Lui ha pregato con tutto se stesso, e si è liberato, affidandola al Padre, di tutta la sua angoscia, della sua paura; ha avuto bisogno di sentirlo vicino, di sentire che Lui c'era anche in quel momento terribile. E quando l'ha sentito vicino, ha trovato la forza per andare avanti a testa alta. Facciamo anche noi così. Amen.
 

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