mercoledì 11 novembre 2015

15 Novembre 2015 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13,24-32).

Il vangelo di oggi è uno di quei testi che viene preso come l’annuncio della fine del mondo. Ci sono dei gruppi, come i testimoni di Geova o i gruppi religiosi apocalittici, che parlano moltissimo di “prepararsi”, di “vegliare”, di “essere pronti”, di “fine del mondo”, vedendo segnali premonitori in ogni dove.
Ma questo passo del vangelo, come tanti altri dello stesso tenore, non alludono affatto alla fine del mondo. Parlano della fine di “un mondo”, è vero;  ma non della fine “del mondo”.
Penso che il bisogno di attaccarsi alla “fine del mondo” risponda soltanto ad una loro esigenza interiore, inascoltata, di far finire un loro mondo, a cui sono molto attaccati e da cui non riescono a staccarsi. Sperano che accada dal di fuori , e dall’alto, ciò che loro non riescono a fare personalmente nel loro intimo.
Bene: il testo di oggi inizia dunque col v. 24 del capitolo 13 di Marco. C’è un antefatto: al primo versetto dello stesso capitolo un discepolo, uscendo con Gesù dal tempio, gli dice: “Maestro guarda che pietre e che costruzioni” (Mc 13,1): di fronte a tanta bellezza, a tanta maestosità e potenza del tempio di Jahweh, il poveretto rimane rapito. Non per nulla tutti erano convinti che se Gerusalemme si fosse trovata in difficoltà, Dio sarebbe intervenuto in prima persona proprio lì, nel tempio, per salvarla.
Ma Gesù gli risponde: “Vedi queste grosse costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra che non venga distrutta” (Mc 13,2). E più avanti, ribadendo il concetto, dice: “Ciò sarà il principio dei dolori” (Mc 13,8): in realtà il testo greco dice: “sarà il principio delle doglie”; cioè: sarà doloroso, come il partorire, ma che Gerusalemme venga distrutta, è un bene, è un fatto positivo, poiché questo tempio impedisce la comunione tra Dio e gli uomini.
Già dall’inizio del capitolo 13 si parla quindi di cadute di elementi ritenuti simboli di certezze, elementi indistruttibili. “Infatti sorgeranno falsi cristi e falsi profeti i quali daranno segni e prodigi per sedurre, se possibile, gli stessi eletti (Mc 13,22). È un avvertimento.
Ma vediamo cosa segue subito dopo. Gesù (siamo al vangelo di oggi), prosegue:
“In quei giorni, dopo quella tribolazione (cioè la distruzione del tempio) il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere” (Mc 13,24).
Cosa vuol dire qui Marco? Egli utilizza semplicemente delle espressioni dell’Antico Testamento, in cui il sole, la luna, gli astri erano oggetti di culto, venivano adorati dalla gente.
Noi, quando parliamo di religione ebraica, pensiamo subito ad una religione rigidamente monoteista, una religione cioè che adorava un unico Dio. Ma se andiamo a vedere non è stato sempre così: all’inizio anch’essi credevano nel sole, nella luna e in tante altre divinità; soltanto con il tempo sono arrivati a credere in un solo Dio. C’è stato, cioè, nel corso dei secoli un lungo processo di purificazione, anche se in certi periodi la religione politeista cananea riprendeva il sopravvento.
Allora cosa sono questi “astri” che cadranno dal cielo? Qui, lo ripeto, la fine del mondo non c’entra niente: nessuna calamità, nessun giudizio, nessun sconvolgimento cosmico. Lo sconvolgimento e la catastrofe riguardano solo le entità celesti (gli dei) che abitano nei cieli, non la terra.
In altre parole, tutte queste divinità pagane sono destinate a cadere giù definitivamente: un certo tipo di religione pagana finisce, perde il suo splendore e l’idolatria entra in crisi. Ma prima è necessario che “il vangelo sia proclamato a tutte le genti” (Mc 13,10). Cioè: quando il vangelo sarà accolto da tutti, queste divinità pagane finiranno, perché di fronte al vangelo tutta questa religiosità scompare.
Ecco perché “gli astri si metteranno a cadere” (Mc 13,25: il verbo indica un cadere continuo): non è una pioggia di asteroidi, di stelle, di pianeti, ma semplicemente la caduta progressiva e inarrestabile delle divinità celesti di quel tempo; inoltre anche i potenti, i principi, i re, cioè tutte quelle persone che si ritenevano “divine”, di fronte all’annuncio e all’espansione del vangelo, subiranno la stessa tragica fine .
Per capire ancora meglio dobbiamo riferirci al profeta Isaia: “Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore dei popoli?” (Is 14,12).
Questo “astro del mattino” (identificato con Lucifero, precipitato dall’alto dei cieli) altri non era che il re di Babilonia, che si arrogava il rango divino, era “salito in cielo” diventando, oggi diremmo, una vera “star”, era cioè convinto di essere Dio, una divinità. E cosa dice Isaia di lui?
“Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio, innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nella parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. E invece sei stato precipitato negli inferi (=sotto terra), nelle profondità dell’abisso” (Is 14,13-14); il potente re di Babilonia, che si credeva un Dio, è finito anch’egli in una tomba (lett. nell’Ade/Sheol, nel regno dei morti)! Così sulla tomba di Alessandro Magno hanno scritto: “Basta questa terra (un metro per due!) all’uomo a cui non bastava il mondo”. Ecco dov’è finita tutta la sua potenza!
Dunque: “le potenze nei cieli saranno sconvolte” (Mc 13,25). Sono tutte queste pseudo divinità (potenti, governanti, false divinità, ecc.) che finiranno saranno sconvolte!
“Allora si vedrà il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13,26). “Venire sulle nubi”: le nubi non sono il mezzo di trasporto di Dio, ma indicano la realtà di Dio, come avviene nella trasfigurazione in cui nella nube la voce dice:  (cfr. la nube della trasfigurazione e la voce: “Questi è il figlio mio prediletto” (Mc 9,7). Cioè: gli “astri” cadono, mentre il Figlio dell’uomo “sale”.
Qui c’è una regola valida in ogni tempo: ogni volta che cade un regime ingiusto, un potere disumano, la dignità, l’Uomo, si afferma (il Figlio dell’uomo = la vera umanità). Ogni caduta di un sistema oppressore o di un’idea iniqua, qualunque esso od essa sia, è una liberazione per l’uomo.
Allora non c’è una venuta fisica del Figlio dell’uomo: ma è il risplendere di Dio in noi, nella nostra cultura, nella nostra società, nelle nostre relazioni, nel nostro vivere personale e sociale.
“Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino alle estremità del cielo” (Mc 13,27).
“Manderà gli angeli”: chi sono questi angeli? Per Marco è addirittura una persona, il Battista: “Ecco, io mando il mio “ànghelon”, il mio messaggero, davanti a te” (Mc 1,2). Per cui gli angeli sono quelle persone che diventano “messaggeri” di pienezza di vita; sono i messaggeri umani di Dio. L’angelo non trasmette una dottrina ma un’esperienza: questi angeli non sono quindi nient’altro che le persone che hanno già conosciuto, che hanno già sperimentato Dio.
Saranno essi che “riuniranno gli eletti” (Mc 13,27), riuniranno cioè tutti coloro che hanno vissuto per il bene dell’uomo. Cioè: mentre le potenze dei cieli (gli oppressori), coloro che hanno combattuto contro la Vita, cadranno, tutti quelli che hanno combattuto per la Vita verranno fuori e vivranno.
Concludo: cosa può dire a noi questo vangelo?
Dobbiamo saper valorizzare ciò che ci succede, sia esso un dramma, una tragedia oppure un’occasione da non perdere, altrimenti in nessun altro modo avremmo potuto fare ciò che non volevamo o temevamo di fare.
Cadono il sole, la luna, gli astri: crollano cioè tutti i nostri punti di riferimento; può sembrare la fine, ma al contrario può essere la venuta del Figlio dell’uomo in noi, cioè la nascita di una parte di noi molto più vera, una parte di noi che altrimenti, in nessun altro modo avrebbe potuto nascere.
Noi tentiamo di controllare tutto: decidiamo, pianifichiamo, progettiamo, facciamo delle previsioni, dei sogni, cerchiamo di raggiungere sempre ciò che ci proponiamo, per i nostri sogni impieghiamo tutte le nostre energie, ecc. Bene: ma in tutto questo, dove mettiamo Dio? Dov’è il suo spazio di azione? Se decidiamo tutto noi, Lui come può agire?
Proprio per questo Dio si trova nell’imprevisto, in ciò che non ci aspettiamo, nelle sorprese. Perché questo è l’unico spazio che gli rimane per agire, visto che noi decidiamo e pianifichiamo sempre tutto. E se Dio volesse farci capire qualcosa che non vogliamo capire, in quale altro modo potrebbe farlo, se non sorprendendoci, se non dandoci qualche sberla per farci pensare?

Allora, quando tutto ci va bene, viviamolo e ringraziamo Dio. Quando tutto crolla, viviamolo e ringraziamo Dio. Quando c’è l’amore, viviamolo e ringraziamo Dio. Quando c’è il rifiuto, viviamolo e ringraziamo Dio. Quando c’è la vita, viviamola e ringraziamo Dio. Quando la morte ci tocca da vicino, viviamola e ringraziamo comunque Dio. Viviamo insomma ogni istante della nostra vita, ringraziando Dio per quell’istante. Amen.


Nessun commento: