giovedì 7 gennaio 2016

10 Gennaio 2016 – Battesimo del Signore

«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»( Lc 3,15-16.21-22).

Il vangelo di oggi ci presenta il Battesimo di Gesù. Gesù certamente è stato battezzato dal Battista. Ma per Gesù non è stato tanto importante il battesimo, in quanto tale, ma ciò che questo gesto faceva capire: il perdono, la guarigione, la Buona Novella.
Quindi non è tanto importante il gesto ma il senso del gesto.
Il Battesimo rappresenta infatti il punto di svolta della vita di Gesù: dopo non sarà più come prima. Egli aveva aderito al progetto del Battista: “Dio viene, fatevi battezzare come segno del vostro cambio di vita”. Quindi anche lui va a farsi battezzare. Ma poi, attraverso la voce del Padre che lo conferma pubblicamente come suo Figlio, Gesù sperimenta qualcosa di unico: Dio non è come dice il Battista. Dio è amore. Dio non vuole “qualcosa” per darci amore (sia esso sacrifici, battesimo, penitenza, ricambio, purità, ecc.). Dio ci ama... e basta. Anzi, Dio ci rincorre per amarci. È questa esperienza che lo distacca dal Battista: di Dio non c’è motivo di aver paura.
Da questo momento, Gesù andrà per la sua strada: sarà un Dio totalmente diverso da quello del suo maestro: Egli seguirà il suo progetto, che è quello di portare a tutti quell’amore che Lui stesso ha toccato, vissuto, sentito, sperimentato. E non farà nient’altro che questo per tutta la sua vita.
Noi stessi, quando avremo fatto “esperienza” di Dio, quando avremo sperimentato il battesimo di fuoco, quando cioè saremo completamente innamorati di lui, quando saremo inebriati di lui, quando avremo perso la testa per Lui, capiremo qualcosa di chi lui sia veramente. È un’esperienza, un incontro che dobbiamo vivere: Dio è uno dal quale, una volta che ci è entrato dentro, che ci è penetrato nel cuore, nell’anima, non potremo più liberarci; un qualcuno senza il quale non potremo più vivere.
La descrizione del battesimo di Gesù, fatta da Luca, ci sottolinea alcuni particolari che acquistano un significato altamente simbolico: come per esempio i cieli che si aprono, lo Spirito con sembianze di colomba, la voce che viene dal cielo. Esaminiamo brevemente queste tre immagini:
“Il cielo si aprì” (Lc 3,21): il verbo greco non significa esattamente aprirsi, ma svelare qualcosa di nascosto, aprire, rompere, squarciare un qualcosa che è chiuso. La differenza tra “aprire” e “squarciare” è infatti notevole: nel primo caso, con “aprire”, ciò che si apre si può anche richiudere; con “squarciare”, invece, significa che una volta lacerata, squarciata, quella cosa non si può più richiudere, non si può più ricomporre.
Prima di Gesù i testi sacri dicevano che “Dio si è indignato per i peccati del popolo e ha sigillato la sua dimora (i cieli sono la dimora di Dio)”: il che, in pratica, equivaleva dire che Dio, di fronte alle colpe umane, staccava la spina e chiudeva ogni comunicazione con il suo popolo, lasciando tutti in balia di loro stessi. Con Gesù invece i cieli si sono aperti e non si chiuderanno mai più. Sono aperti per sempre. Dio ha smesso di offendersi, di isolarsi da noi a causa dei nostri tradimenti; e questo, pur dimostrandogli di non cambiare mai, di essere inaffidabili, commettendo sempre gli stessi peccati. Lui è fedele: Lui rimane sempre ad aspettarci, pazientemente; continua sempre a rimanerci vicino, in una incessante comunicazione d’amore.
Il Dio di Israele era un Dio nascosto, velato, con un nome impronunciabile; ora, con l’epifania battesimale, Dio ci fa vedere, attraverso suo Figlio, chi è veramente: un Dio che è amore, un Dio immensamente buono, misericordioso, che vuol continuare, nonostante tutto, a comunicare con gli uomini. Il Dio di Israele diceva: “Hai ucciso: meriti di morire! Hai peccato: sei indegno; hai tradito la mia fedeltà: sei fuori!”. Il Dio di Gesù dice: “Io sono l’Amore. Sono qui per amarti. Non sono qui per giudicarti ma per giustificarti. Questo è il mio unico compito”. Leggiamo infatti: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17).
La seconda immagine: “E scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba” (Lc 3,22). Qui lo Spirito (pneuma) scende su Gesù, e rimarrà in lui fino alla fine della sua vita terrena: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo emise lo Spirito (ek-pneuma)” (Lc 23,46). In altre parole, lo Spirito scende su Gesù nel suo battesimo per rimanere in lui durante tutta la sua vita: una volta in croce, Egli lo riconsegnerà al Padre, perché lo metta a nostra disposizione: il suo riconsegnarlo, il suo “e-metterlo”, è semplicemente un passarlo a noi, un passare cioè a noi la sua capacità di amare. L’uomo, che nel peccato aveva incontrato la morte corporale, ora in Gesù, nel suo Spirito, ritorna a Dio: la morte finisce per lasciare spazio alla Vita; in Gesù e con Gesù, noi siamo divini, siamo eterni, siamo senza fine: passiamo dalla vita terrena alla vita divina. Nulla si perde; il bene e l’amore rimangono. L’amore, se è vero amore, rimane per sempre. La gioia, il bene, la compassione, la tenerezza, l’aiuto, la gratuità, la condivisione vera, la fratellanza, l’amicizia, il sostegno, ecc.: niente di tutto ciò andrà perduto. Mai.
Lo Spirito si rivela in “forma di colomba”: è proverbiale infatti l’attaccamento, l’amore della colomba, per il proprio nido: in Gesù lo Spirito scende e, come la colomba, rimane attaccato a lui per sempre. Gesù è la dimora perpetua, perenne, dello spirito, della forza di Dio.
Poi il vangelo ci presenta la terza immagine, la voce: “Vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3,22).
Questo stesso termine (phoné) lo ritroveremo alla fine, nella scena della crocifissione, quando Gesù gridando a gran “voce” (phoné) disse: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). Con la voce lo Spirito scende su Gesù; con la voce lo Spirito ritorna al Padre. La discesa dello Spirito significa che Gesù e stato consacrato e costituito da Dio come Re: Egli è il Messia, l’atteso, il Figlio di Dio: il Padre lo sostiene contro i suoi nemici, e con questa voce dal cielo, gli dichiara un amore senza limiti. “Figlio”, nel contesto ebraico, non significa soltanto chi è nato da qualcuno, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Se Gesù viene chiamato figlio è perché assomiglia al Padre, ci fa cioè capire chi è il Padre. Dio, di cui nessuno sa niente, che nessuno ha visto, che nessuno conosce, è come Gesù. Guardando Lui possiamo capire un po’ chi è Dio.
Se Gesù nei vangeli era un “portatore di vita”, Dio non può che esser così. Se Gesù era uno che comunicava vita a tutti, indipendentemente dalle risposte che riceveva, Dio è esattamente così. Dio pertanto è Vita, e vuole che noi viviamo al massimo delle nostre possibilità, vuole che viviamo sempre “alla grande”. Vuole che amiamo con tutta l’ampiezza del nostro cuore. Vuole che conosciamo tutta la verità che possiamo. Vuole che ci realizziamo e che diventiamo il meglio di ciò che possiamo essere. Perché “Io sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza” (Gv 10,10).
Amen.


Nessun commento: