venerdì 11 novembre 2016

13 Novembre 2016 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

«Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta.» (Lc 21,5-19).

La comprensione del vangelo di oggi è particolarmente difficile. Riferimenti e allusioni sono piuttosto complicati, lontani dalla nostra mentalità. Perciò prima di qualunque considerazione, cercherò di analizzare più in profondità il testo per capire il senso delle parole di Gesù.
Devo per questo fare una premessa: la miracolosa liberazione di Gerusalemme dall’assedio di Sennacherib, il terribile re di Assiria, avvenuta, nel 701 a.C. grazie ad un intervento diretto di Dio, aveva generato negli Ebrei la convinzione che, nei momenti di maggior pericolo per la città e per il Tempio, Dio sarebbe puntualmente intervenuto per salvarli entrambi: Gerusalemme e il suo Tempio, pensavano, non sarebbero mai potuti cadere nelle mani dei nemici, perché Dio stesso li avrebbe puntualmente difesi e protetti.
Una certezza che troviamo chiaramente espressa anche nel Salmo 46: “Dio sta in essa: non potrà vacillare; Dio la soccorrerà prima del mattino” (Sal 46,6)
Per essi, dunque, Gerusalemme era indistruttibile: così pure il suo tempio, uno dei posti sacri più belli, più ricchi e lussuosi dell’antichità; un capolavoro di cui tutti ne andavano fieri, argomento ricorrente nei loro discorsi.
“Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano…” (Lc 21,5). 
Un “incipit” che ci aiuta a capire l’effetto insolito che le parole di Gesù avrebbero procurato negli ascoltatori. Quando infatti Gesù annuncia: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta” (anticipando peraltro ciò che avverrà nel 70 d.C. quando i Romani distruggeranno completamente il Tempio), essi non solo non dimostrano alcuna paura, ma fanno trasparire addirittura una grande eccitazione, come se non vedessero l’ora che tale prospettiva si realizzasse: “Gli domandarono: Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”; sono tranquilli sulla inviolabilità della città e del tempio, e quindi si sentono fortunati di poter assistere personalmente al grandioso spettacolo di Dio che entra in azione a loro difesa: un evento storico semplicemente sensazionale!
Per gli ascoltatori di Gesù, la distruzione del tempio era pensabile soltanto con la fine dei tempi, con la fine della storia. Non hanno capito che le parole di Gesù, in prima battuta, si riferiscono proprio alla “fine” di Gerusalemme e del suo tempio. La fine del mondo, con la venuta trionfale del Figlio dell’uomo che inaugurerà il nuovo Regno, verranno a suo tempo: ora, il tempo presente, è solo il tempo dell’attesa. Un tempo in cui, secondo Gesù, il Regno non solo è vicino, ma è già in mezzo a noi, ma in un modo “riservato”, personale, un modo in cui non fa notizia, non attira l’attenzione dei media. Noi dobbiamo individuarlo, questo regno, perché dobbiamo viverlo. Per questo non dobbiamo lasciarci confondere e turbare da pretese ispirazioni e da falsi profeti: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e: “Il tempo è prossimo”; non seguiteli”.
Letteralmente più che “sono io” è “Io sono”, che è il messaggio divino di Jahweh: cioè molte persone si presenteranno come il Messia, diranno che il tempo, in cui Dio si manifesterà, è arrivato (in greco kairòs= il tempo è propizio). Ebbene, “Non seguiteli”; Gesù è chiaro: “Non credeteci”, perché non sarà allora la fine del mondo. 
“Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni”, non vuol dire che Dio stia per arrivare, che l’eskaton sia finalmente arrivato:  pensate piuttosto a proteggervi e a mettervi in salvo. “Devono infatti accadere prima queste cose [come la distruzione di Gerusalemme], ma non sarà subito la fine”. 
Quindi: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo” (Lc 21,10-11). Ma non sarà l’apocalisse, l’apoteosi gloriosa e tremenda che voi vi aspettate di vedere: guerre e rivoluzioni, lotte intestine, sono soltanto delle tappe che prepareranno la realizzazione finale del Regno di Dio.
Effettivamente il ricorrere a questi eventi, a questi “segni”, induce a pensare proprio alla fine del mondo: in realtà è una terminologia che risponde allo “stile letterario” dell’apocalittica, tipico dell’epoca; un genere peraltro molto usato dai profeti dell’Antico Testamento, che con queste immagini crude volevano indicare (a volte era più un desiderio che una realtà) grandi cambiamenti nella società.
Le persone vicine a Gesù, che hanno ascoltato le sue parole, sono dunque effettivamente eccitate, galvanizzate, dalla prospettiva di un intervento divino. Gesù però toglie loro ogni eccitazione. Altro che Dio interverrà! Anzi, perfino voi che ascoltate sarete presi! “Prima di tutto metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi nelle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome” (Lc 21,12)
È quanto capiterà a coloro, che nel tempo dell’attesa, vorranno seguire Gesù: è il prezzo della sequela.
Gesù mette qui in discussione i tre valori sacri di Israele, i tre centri del potere,laddove ciascuno si faceva scudo con l’altro: la patria (il re domina sulle persone); Dio (l’istituzione religiosa domina sulle menti e sui cuori degli uomini); la famiglia (in cui il maschio era il capo indiscusso di tutti). Anzi, minaccia addirittura di abolire questi tre valori! È questo il motivo per cui, coloro che seguiranno il mio messaggio, saranno perseguitati: “vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno nelle sinagoghe e nelle prigioni”, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome”: sarete cioè perseguitati sia per motivi religiosi (sinagoghe) che per motivi civili (re e a governatori), “a causa del mio nome”: perché tutto questo ha come causa la visione, il messaggio e l’adesione a Gesù. 
Abbracciare il cristianesimo, infatti, era inteso come rifiuto della proprie tradizioni: da qui la possibile denuncia alle autorità, anche da parte dei familiari.
“Questo vi darà l’occasione di render testimonianza” (Lc 21,13). Tutto questo vi permetterà (ecco la testimonianza!) di mostrare che quanti difendono solo a parole questi valori “sacri”, patria-famiglia-Dio, svuotandoli del loro vero contenuto, in pratica sono nemici degli uomini. 
L’annuncio nuovo che va testimoniato è infatti questo: Gesù cioè ha sostituito la vecchia divinità, il “Dio” comune a tutte le religioni, con il Padre: se nel nome del "Dio" si poteva uccidere e togliere la vita ai propri simili, nel nome del Padre si può solamente donare la propria vita per i fratelli; alla “patria” Gesù ha sostituito il Regno di Dio: quindi non dei limiti, non dei confini, ma un amore universale; infine la “famiglia” di Gesù non sarà quella formata dal sangue (“Chi è mia madre e i miei fratelli?”) ma dagli stessi vincoli dell’anima e dagli ideali comuni.
La persecuzione vi darà pertanto modo di testimoniare, cioè di far vedere pubblicamente, che quelli che sembravano “amici”, in effetti sono i “nemici” dell’umanità.
“Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere” (Lc 21,14-15). Quando si vive in sintonia con Gesù si vive e si respira la sua stessa vita, si assorbe lo stesso linguaggio. Non serve allora prepararsi, prima, su cosa dire, o conoscere chissà cosa. Si dirà e si testimonierà nient’altro quello che convintamente si vive.
Da notare che qui Luca adopera gli stessi termini che poi utilizzerà con l’annuncio del primo martire cristiano, Stefano: proprio lì egli dirà che gli avversari non riuscivano a controbattere alla sua sapienza (At 6,10), e che Stefano sarà messo a morte proprio perché accusato di aver parlato contro la Legge e contro il Tempio: chi tocca questi valori sacri, muore (At 6,13); Stefano infatti viene assassinato (tra i suo assassini c’è anche Saulo, il futuro S. Paolo!) proprio perché mette in discussione questi valori sacri, che per tutti erano intoccabili.
“Sarete odiati dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi” (Lc 21,16).
L’adesione a Gesù annulla perfino i legami più stretti, e significherà, agli occhi della società di Israele, un terremoto così grande, da esser paragonato all’idolatria, il delitto più grave per un credente ebreo. Per questo i parenti si sentiranno autorizzati a uccidere, in quanto idolatra, anche il proprio familiare .
“Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,18-19). È la conseguenza dell’aver dato “testimonianza”: parole che non vogliono essere un messaggio di angoscia ma di speranza, di fronte alle inevitabili persecuzioni che, come Gesù, saranno riservate a chiunque vive davvero il suo messaggio.
“Salverete le vostre anime”: in greco psiché= la vita vera, quella capace di resistere alla morte. Cioè: anche se dovessero togliervi la vita, la vostra vita vera, quella profonda che è in voi, continuerà a vivere per sempre.
Una prospettiva che incute speranza: in pratica Gesù vuol farci capire ciò che lui vive, che poi è quello stesso che vivranno gli apostoli, e quanti lo seguiranno in ogni giorno della storia: “Tutte queste persecuzioni, questo male che vi si ritorce contro, è il segnale che voi siete con Me, a favore degli uomini”.
E concludo: cosa dice a ciascuno di noi questo vangelo? Senza dubbio ci dà una svegliata, dà uno scossone alla voglia di combattere che “dorme” in noi.
A volte infatti le persone sono entusiaste, le prediche persuadono, i propositi sono ben formulati, a parole tutto è bello, tutto è facile, tutto è semplice; ma poi nella realtà, nel mondo, nella società, tutto ci diventa difficile, impossibile: forse che per Gesù fu tutto facile? Chi ha mai detto che “seguire Gesù” sia una bella passeggiata, che sia facile, tutto sorrisi, abbracci e saluti? Chi ha mai detto che vivere il vangelo non comporti una lotta, un conflitto continuo?
Quando leggiamo il vangelo scopriamo che Gesù era perseguitato da ogni parte: gli apostoli delusi, lo speravano diverso; la gente comune era divisa tra lo scetticismo, il rifiuto e l’entusiasmo; i ricchi non lo sopportavano; i poveri neppure, anche perché non distribuiva pane e ricchezza materiale; i suoi familiari lo volevano rinchiudere perché “era pazzo” (Mc 3,21); gli scribi e i farisei cercavano in ogni occasione dei motivi credibili per farlo fuori. Gesù fu dunque odiato e perseguitato proprio dai suoi familiari e dai religiosi del suo tempo.
Nel testo parallelo di Matteo, Gesù dice: “Siate prudenti come i serpenti...” e di nuovo: “Guardatevi dagli uomini” (Mt 10,16-23). Egli sapeva bene come sono gli uomini: “Non sono così puri, limpidi e semplici come a volte pensate. A volte sono falsi, doppi, hanno le maschere, si prendono gioco di voi, vi faranno pagare qualunque vostro dissenso”.
Quando pensiamo al cristianesimo, ai fatti del Vangelo, molti di noi immaginano il “Gesù” patinato di Zeffirelli: tramonti incantevoli, cieli stellati, un mondo di pace, di bontà, di amore, una specie di paradiso terrestre, un luogo speciale in cui tutti sono buoni, tutti si vogliono bene, tutti vivono in armonia e pace.
Ma tutto questo non esiste e non esisterà mai. L’Eden, il Paradiso terrestre, l’abbiamo perduto una volta, e non lo ritroveremo mai più su questa terra. Pensare diversamente, è una pia illusione.
Diceva infatti Madre Teresa: “Quando fai qualcosa di buono, hai tutti contro di te: quelli che fanno la stessa cosa, quelli che fanno il contrario, quelli che non fanno niente. Ma tu combatti e continua a farlo lo stesso”.
Se vogliamo seguire Gesù, dobbiamo essere, come Lui, dei combattenti dell’amore: dobbiamo avere il coraggio di lottare per ciò che crediamo; mai arrenderci alla prima sconfitta, ma “insistere”, perseverare, consapevoli del valore di ciò in cui crediamo, sempre pronti a rischiare.
Rischio, lotta, coraggio, tenacia, non rappresentano le armi per le grandi occasioni, ma sono lo stile di vita di tutti i giorni: essere trasparenti e veri con gli altri; non nasconderci dietro a maschere e a ruoli; prendere iniziative che altri non prendono; esporci al pericolo di essere offesi, derisi, umiliati, feriti nel profondo dell’anima; fare cose che altri non fanno o andare controcorrente; battersi contro l’ingiustizia. Questa è l’armatura del cristiano: questa deve essere la nostra armatura quotidiana! Amen.



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