giovedì 6 luglio 2017

9 Luglio 2017 – XIV Domenica del Tempo Ordinario

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli… Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro… imparate da me, che sono mite e umile di cuore…» (Mt 11,25-30).

In queste parole possiamo cogliere l’esplosione di giubilo di Gesù, in un momento di commozione, di illuminazione, di consapevolezza, di stupore.
Succede così quando nel dubbio, nel buio, all’improvviso tutto diventa chiaro, tutto diventa comprensibile. Fino ad un attimo prima non si riusciva a capire nulla, poi all’improvviso tutto appare semplice, alla nostra portata.
Il contesto ci dice dunque che Gesù è triste, che si trova in un momento di profonda delusione causata in particolare dalla diffidenza, dalla ottusità di chi gli sta vicino: è il lato sensibile di Gesù, che, come tutti noi, non capisce e non si spiega certi comportamenti umani.
Egli fa sempre e comunque il bene: ovunque vada, ovunque si trovi, accoglie tutti, insegna a tutti ad amare, a non giudicare; tratta con dignità soprattutto chi la dignità non l’ha mai sperimentata; guarisce, aiuta chiunque, in particolare quelli che l’hanno perduta, a ritrovare la nobiltà del proprio essere, deturpato dalle ferite della vita; li aiuta a ritrovare il senso di una strada forse perduta o mai trovata; a ritrovare la gioia, l’emozione del vivere. Ebbene: come risposta, questa gente lo rifiuta, gli gira le spalle, lo accusa, lo attacca, gli si scaglia contro come se fosse il peggiore dei nemici.
Del resto è una situazione molto comune, una situazione in cui viene naturale anche a noi chiederci: “Ma cosa ho fatto mai di male?”. In realtà, di male probabilmente non abbiamo proprio fatto nulla. Ed è qui che dobbiamo lavorare, è in queste situazioni che dobbiamo fare un primo salto di qualità: dobbiamo cioè passare dal fare ciò che facciamo, aspettandoci il riconoscimento degli altri, al farlo gratuitamente, come risposta alla specifica chiamata di Dio, il cui campo di azione richiede sempre riservatezza e l’umile nascondimento del proprio io.
Dobbiamo essere sempre consapevoli di operare per la sola gloria di Dio, come in proposito diceva Madre Teresa: “Quando fai il bene, gli altri diranno che lo fai per motivi egoistici, per secondi fini, ma tu continua a farlo. Quando hai successo nel bene, ti fai dei falsi amici e dei veri nemici, ma tu continua per la tua strada. La sincerità e la franchezza ti rendono vulnerabile, ma tu continua ad essere sincero e franco. Quel che hai costruito in anni di lavoro può andare distrutto in una notte, ma tu continua a costruire. Del tuo aiuto c’è realmente bisogno, anche se la gente ti attacca proprio quando l’aiuti; tu però, aiutala ugualmente. Da’ al mondo il meglio di te; ti tratteranno a pesci in faccia, ma tu continua a dare il meglio di te”.
Purtroppo, succede invece che quando nei nostri tentativi di fare il bene la gente ci mette da parte, ci fa sentire inutili, ci ostacola, noi immediatamente cadiamo in depressione, non abbiamo il coraggio di reagire e di continuare sulla nostra buona strada; da deboli, da pusillanimi, da egocentrici, preferiamo dedicarci ad attività sociali caritative e buoniste che però ci esaltano a livello umano: e grazie proprio a questi numerosi riconoscimenti umani, ci convinciamo di condurre una vita religiosamente meritoria, una vita nobile, retta e santa, senza accorgerci che col nostro comportamento, gratifichiamo soltanto il nostro amor proprio.
In questo passo del vangelo, ciò che ci colpisce, e che ci deve servire di esempio, è la reazione di Gesù: in una situazione di profonda delusione, di scoraggiamento, di insuccesso, una situazione molto simile a tante nostre, Lui – invece di recriminare, di inveire - innalza un inno alla vita, dimostrando tutto il suo stupore e la sua ammirazione per quello che il Padre permette che accada nella sua vita. Egli non si lascia prendere dalla trappola del pessimismo: vede il male, vede la cattiveria, l’ignoranza della gente, ma prima di tutto vede e apprezza il bene, riesce a stupirsi per la bellezza del creato, per la perfezione delle cose, e per la luce di bontà, a volte purtroppo molto fioca, che riesce comunque ad illuminare il profondo dell’anima umana.
E noi come siamo messi? Ai nostri giorni c’è ancora il male nel mondo? Certo, e più ci guardiamo intorno, più ne troviamo. C’è ancora il bene nel mondo? Sicuro: più osserviamo l’uomo in profondità, più ne troviamo. C’è ancora ignoranza crassa, volgarità, ottusità nel mondo? Oh sì in  grande quantità, e più alziamo lo sguardo, più ne troviamo. C’è ancora l’entusiasmo, la gioia, l’ottimismo nel mondo? Oh sì, tantissimo, e più lo cerchiamo, più ne troviamo.
Ora, trovare o non trovare le cose dipende da noi, dai nostri occhi, dal nostro cuore, da come guardiamo; perché alla fine noi vedremo e troveremo soltanto ciò che effettivamente “vogliamo” vedere e trovare. Nient’altro. Se ci interessa il bene, il bene; se il male, il male.
Ogni cosa può essere notata da noi in positivo o in negativo, dipende da noi: così, ad esempio, quando ci guardiamo allo specchio, se abbiamo un bel sorriso con i denti allineati e perfetti, una pelle luminosa e tonica, magari non lo notiamo, non ci colpisce; al contrario notiamo immediatamente e con disappunto i segni negativi dell’età, le rughe, i capelli bianchi: siamo più inclini a trascurare le cose positive, mentre quelle che possono sembrare negative le troviamo subito, e tutte. Lo stesso succede quando guardiamo nostro figlio: cosa ci colpisce, cosa vediamo in lui? Se vediamo che non si è laureato, che non si è affermato professionalmente come noi volevamo, ci sentiamo profondamente delusi e ci diciamo che, come genitori, abbiamo fallito. Se guardiamo invece che sta crescendo con sani principi, che affronta apertamente e con grande forza interiore le contrarietà della vita, che fa con entusiasmo e in piena libertà le sue scelte, allora non possiamo che gioire ed essere orgogliosi di quel nostro figlio. È così: perché noi vedremo sempre negli altri i difetti o le virtù che vogliamo vedere.
Questo vale anche per la nostra vita: una crisi, una malattia, può essere considerata un dramma, una tragedia, ma anche una grande occasione di riscatto morale. Perché nella vita nulla è totalmente negativo o positivo; tutto dipende dai nostri occhi, dalla nostra sensibilità: non è determinante ciò che ci succede intorno, all’esterno, ma ciò che noi percepiamo dentro.
Umanamente parlando ciò che in questo contesto Gesù sta vivendo per colpa della gente, non è certo bello né tantomeno gratificante. Eppure ciò non gli impedisce di avere un cuore pronto a stupirsi, a meravigliarsi, a cantare, a gioire, a sorridere e ad amare. In realtà, con l’aria che “tirava” intorno a lui, non c’era molto da stare allegri: eppure Lui era capace di sorridere, di provare e trasmettere tenerezza, di abbracciare, di cantare, di stupirsi, di benedire.
Ecco: lasciamoci stupire anche noi, allora, da quello che ci circonda! La vita è talmente bella, interessante, ricca di soddisfazioni, di entusiasmi, di gioia, che anche se a volte è tragica, anche se ha momenti strazianti, merita comunque di essere vissuta in pieno, con grande riconoscenza a Dio che ce la concede in dono.
E se proprio tutto ci crollasse addosso, se ci sentissimo soffocati dagli eventi, se  non ce la facessimo proprio più, se vedessimo tutto nero, ricorriamo a Lui fiduciosi. Lui stesso ce lo chiede: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. Qualunque sia la nostra tragedia, abbiamo forse una prospettiva migliore? Lui è l’unica nostra consolazione, la nostra unica garanzia di sopravvivenza. Amen.



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